Nel corso di questa grave emergenza, oltre alla tragica situazione sanitaria che ci affligge, molti si trovano a fare i conti anche con le difficoltà economiche dovute alla chiusura delle proprie attività.

Penso, anzitutto, alle scuole ed asili nido privati che per primi, oltre un mese fa, sono stati costretti alla chiusura rischiando la cessazione definitiva della propria attività, nonché a tutti gli imprenditori, artigiani e commercianti le cui attività non sono state ritenute di interesse primario e, quindi, in conseguenza dei decreti legge e DPCM succedutisi sono stati costretti a fermarsi sino a data da destinarsi.

Credito di imposta di cui all’art. 65 D.L. 18/2020 

Con il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 il Governo ha riconosciuto, a favore dei soggetti esercenti attività d’impresa, “per l’anno 2020, un credito d’imposta nella misura del 60 per cento dell’ammontare del canone di locazione, relativo al mese di marzo 2020, di immobili rientranti nella categoria catastale C/1”.

Questa previsione normativa tutela, tuttavia, solo alcuni.

Rimangono esclusi, infatti, tutti coloro che sono conduttori di locali che non rientrano nella categoria C/1. Parimenti, tale misura non prende in considerazione chi ha difficoltà, proprio in questo momento, per la totale assenza di incassi, a reperire il denaro per far fronte al pagamento del canone di locazione.

Ci vengono, però, in aiuto le previsioni generali di cui al Codice Civile in materia di Obbligazioni, che offrono ai conduttori in difficoltà, a causa dell’attuale emergenza sanitaria, qualche forma di tutela ulteriore.

Impossibilità sopravvenuta per causa non imputabile al debitore

Anzitutto nella sezione relativa all’impossibilità sopravvenuta per causa non imputabile al debitore, l’art. 1256 c.c., al secondo comma, prevede che “se l’impossibilità è solo temporanea, il debitore, finché essa perdura, non è responsabile del ritardo nell’adempimento”. 

Secondo la lettera di tale norma, quindi, nell’ipotesi in cui la prestazione (cioè il pagamento del canone di locazione) sia diventato impossibile per causa non imputabile al debitore perché dovuta a caso fortuito o a forza maggiore (in questo caso a causa dell’attuale situazione di emergenza e dei conseguenti provvedimenti assunti dal Governo), il debitore non può ritenersi responsabile se paga in ritardo. 

Eccessiva onerosità sopravvenuta

Inoltre, l’art. 1467 c.c. prevede che “nei contratti a esecuzione continuata o periodica ovvero differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto”. L’ultimo comma della norma citata afferma, inoltre, che “la parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto”.

Tale norma permette, da un lato, di poter chiedere la risoluzione del contratto perché la prestazione (in questo caso il pagamento del canone di locazione) è diventata troppo onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari ed imprevedibili, quale è certamente l’emergenza Coronavirus. 

La disposizione citata offre, altresì, un importante strumento di tutela: le parti possono, infatti, modificare il contratto (prevedendo in questo caso una riduzione del canone di locazione per tutta la durata dell’emergenza Coronavirus) evitando, così, la risoluzione del contratto stesso che rimane in vita.

In conclusione

E’ doveroso precisare che queste disposizioni codicistiche sono generali e devono essere usate cautamente, affidandosi ad un professionista, al fine di valutare attentamente ogni singolo caso e le possibili conseguenze.

Foto di Pexels da Pixabay 

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